La Collezione
Introduzione al Percorso espositivo Casamonti
Con sincera soddisfazione inauguro il Percorso espositivo Casamonti per condividere con il pubblico i passaggi più significativi di una traiettoria umana e professionale disegnata negli anni e testimoniare così la personalissima latitudine della mia dedizione per l’arte. Il Percorso espositivo ricalca – dunque – il tragitto che, ha segnato la mia maturazione umana e artistica.
Muovendo dalla mia giovinezza e lasciandomi guidare solo dalle emozioni del momento, ho amato e selezionato opere per me speciali. Ha preso così corpo, e oggi trova dimora, un Percorso espositivo rapsodico, in cui a brillare sono le differenze e le distanze, testimonianza della mutevolezza delle emozioni e della condizione umana. E allora si procede tra dipinti e sculture, dialogano tra loro autori viventi e mostri sacri non più tra noi, si incontrano opere dei primi anni del Novecento e opere contemporanee, si misurano la creatività italiana e l’ispirazione internazionale.
La natura proteiforme del Percorso espositivo consente di proporre al pubblico perimetri cangianti, suggestioni sempre nuove, riferimenti in divenire.
Naturalmente, in sede editoriale, è stato necessario dare un pur magmatico ordine al Percorso espositivo. La soluzione prescelta – in realtà l’unica in qualche modo plausibile – è quella di allestire le opere seguendo un filo cronologico, raggruppando le opere in due sezioni: la prima, dagli inizi del XX secolo fino agli anni Sessanta; la seconda dagli anni Sessanta sino alla contemporaneità.
Questo articolato panorama visivo è reso ancor più ampio e seducente dal contributo fornito dai miei famigliari e dai tanti amici che hanno coltivato, ciascuno secondo le proprie preferenze e inclinazioni, la mia stessa passione per l’arte e il suo potere salvifico. Questo progetto dunque è cresciuto e continua a crescere grazie alle opere che di volta in volta mettono a disposizione, con effetti non di rado sorprendenti.
Ho pensato – trovando il conforto di tutti coloro che vi partecipano – di voler condividere questo progetto con la mia amata Firenze, da sempre emblema dei valori di cui l’arte è portatrice. Sono invero fortemente convinto del potenziale educativo dell’arte, in grado di strutturare ed educare il pensiero, l’animo e la consistenza del nostro vivere. Questo Percorso è la nostra risposta al quesito di Dostoevskij: sì, la bellezza sublimata dall’arte è in grado di salvare il mondo.
Sin dal primo momento ho desiderato che il Percorso si snodasse in un contesto architettonico in grado di magnificare la bellezza e la storia di Firenze. Il piano nobile di Palazzo Bartolini Salimbeni risulta a questo scopo quanto mai adatto; l’edificio, considerato uno tra i più belli e noti della nostra città, venne costruito nel 1520 da Baccio d’Agnolo e si colloca in un punto focale del centro storico di Firenze, offrendo da Piazza Santa Trinita il passo a via Tornabuoni. Luogo quest’ultimo che sento affettivamente vicino, in quanto proprio in questa strada, nel 1981, inaugurai la mia prima galleria che da essa prese il nome. E’ mia vivissima convinzione che questa circolarità, che nel ritorno definisce la mia storia e disegna il mio percorso umano e professionale, possa rappresentare spinta e motivo di ispirazione per gli amanti dell’arte, alla ricerca di nuove declinazioni del bello e del modo di raccontarlo: questo l’obiettivo che l’Associazione perseguirà, a partire dal Percorso espositivo, coltivando il linguaggio vivo dell’arte.
Palazzo Bartolini Salimbeni è chiamato a custodire tra le sue antiche mura il silenzioso dialogo tra le arti, la nostra storia e la Storia.
Roberto Casamonti
La soggettività del Percorso espositivo
Il Percorso espositivo, a ragione della disomogeneità delle opere, delle epoche, delle tendenze e degli stilemi, si muove su itinerario evanescente, appena percepibile.
L’ordinamento cronologico (in due sezioni) costituisce solo una labile traccia che prova a tenere insieme opere profondamente diverse tra loro per consistenza, soggetto, ispirazione e provenienza.
Tuttavia, l’assenza di un definito filo conduttore “artistico-culturale”, sostituito dalla scintilla della personale folgorazione (mia e dei miei familiari e amici), regala al pubblico il privilegio di esplorare la sequenza allestitiva con un proprio – personalissimo – itinerario.